Il Parco Letterario

IL PARCO LETTERARIO

Il Parco Letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa comprende un vasto territorio della Sicilia occidentale che da Palermo, dove lo scrittore nacque e scrisse Il Gattopardo, si estende a Santa Margherita di Belice nel Palazzo Filangeri Cutò, dove Tomasi trascorse l’infanzia, e a Palma di Montechiaro, feudo di famiglia. Tre luoghi che, insieme, fanno da scenario alle pagine del suo romanzo. Il Parco è un’articolazione di suggestioni e di luoghi.

Palermo. Gli itinerari del Parco Letterario percorrono gran parte del centro storico includendo la residenza della famiglia Tomasi e Villa Boscogrande, set di alcune scene del film di Visconti. La sede palermitana del Parco Letterario è a ridosso della storica Piazza Marina, vicina al palazzo in cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa visse l’ultima parte della sua vita. Il palazzo di via Lampedusa è il suo rifugio. Non a caso, i suoi “Ricordi di infanzia” ruotano intorno alle due abitazioni più care allo scrittore, quella palermitana e la residenza estiva di Santa Margherita di Belice, per le quali esprime un vero e proprio abbandono amoroso.

Santa Margherita di Belice. La residenza di campagna di Santa Margherita era per Giuseppe Tomasi, fin dall’infanzia, la prediletta. La sua costruzione risaliva al 1680, ma nel 1810 il principe di Cutò l’aveva totalmente ristrutturata per ospitare più degnamente Re Ferdinando IV. La casa era immensa, con trecento stanze, i tre cortili, le foresterie, le scuderie, le rimesse, il grande giardino e l’orto. I possedimenti di Santa Margherita sono legati al ramo materno della famiglia di Giuseppe Tomasi, ossia quei Mastrogiovanni Tasca che nella prima metà dell’Ottocento si erano imparentati con i Lanza di Trabia ottenendo, per esplicito patto dotale, il titolo di conti. In seguito, Lucio Mastrogiovanni Tasca, sposando una Filangeri di Cutò, aveva acquisito il feudo della baronia di Misilindino entro cui sorgeva Santa Margherita. Alcune pagine dei “Ricordi” sono dedicate ai luoghi limitrofi: le vigne, il paesaggio disteso come “una immane belva accovacciata”, la passeggiata verso Montevago e quella verso Misilbesi, in un ambiente dal “piglio canagliesco”, violento e assolato, la Venarìa, ove si trovava il casino di caccia, meta di gite escursionistiche e gastronomiche, per non dire pantagrueliche.
Santa Margherita ha un’importanza centrale soprattutto perché è qui che Tomasi, all’età di otto anni, impara a leggere.

Palma di Montechiaro. Palma resta inspiegabilmente ignota a Giuseppe Tomasi per quasi tutta la sua vita.
Vi si reca infatti per la prima volta soltanto nel 1955, appena due anni prima di morire, e ne annota i momenti telegraficamente nel suo diario alla data 4 settembre. Giuseppe Tomasi ritornerà a Palma il 10 ottobre dello stesso anno. È questo un momento particolarmente delicato della sua esistenza in cui si sovrappongono un sogno di paternità ed un altro relativo alla scrittura. Il romanzo “Il Gattopardo”, la cui stesura era stata momentaneamente sospesa per l’urgenza di trascrivere i ricordi autobiografici, viene ripreso alacremente proprio dopo le visite Palma, come se il ritorno alle origini avesse scatenato, insieme a un desiderio, a suo modo religioso, di morte, anche una ferma volontà di sopravvivenza letteraria.